La storia
La storia della comunità cristiana di Mestrino
Il nome “Mestrino” deriva forse da quello di Mestrius Florus, console supplente sotto l’imperatore romano Vespasiano, esperto (mestor) di centuriazione nella colonizzazione romana della zona. Che Mestrino fosse abitato ai tempi dei romani è testimoniato dal ritrovamento nel terreno di numerose urne vinarie e di una lapide di marmo ora al Museo Civico di Padova.
Il paese di Mestrino viene citato per la prima volta nel 1183, anno in cui Tisolino da Camposampiero divise l’eredità di Albertino da Baone tra le sue figlie.
Il primo documento attestante la presenza di una comunità cristiana a Mestrino è di poco successivo e risale al 1191; in esso, il papa Celestino III, confermando i possessi della badia benedettina di Nonantola (MO), elenca anche la chiesa di S. Silvestro di Mestrino, annessa ad un piccolo monastero-ospizio (che fu distrutto nel 1384 da un furioso incendio). I benedettini erano religiosi e non si dedicavano alla cura delle anime, che competeva ai sacerdoti posti sotto la giurisdizione del vescovo. Il primo che si conosce fra costoro è Prè (abbreviazione di presbitero) Mezacapa, che appare in un atto pubblico del 1284. Lo stesso ricompare nella decima papale del 1297 come rettore “ecclesiae Sancti Bartholomei de Mestrino”, una delle chiese della pieve di S. Giovanni Battista di Lissaro; era coadiuvato dal prete Viviano e dal chierico Gumbertino; in quell’occasione, rettore e chierici furono scusati dal pagamento. Dalle testimonianze storiche si ricostruisce che Mestrino fu dapprima semplice Oratorio, dedicato a San Bartolomeo, che divenne poi Cappella quando ebbe sacerdote proprio (cappellano) ed infine parrocchia quando la chiesa fu dotata di fonte battesimale (verso il 1383). Siamo nell’epoca dei Comuni, e il territorio di Mestrino era luogo di schermaglie ripetute tra Padova e Vicenza.
Il successivo periodo veneziano fu contrassegnato da grandi piaghe (malaria, peste, guerre) e da una situazione di grande povertà; per contro, la chiesa si adoperò, soprattutto dopo il Concilio di Trento, per la formazione religiosa e l’elevazione culturale del popolo. Le successive dominazioni francese e austriaca non fecero che peggiorare la situazione, tanto che, all’epoca dell’annessione all’Italia, il paese si trovava in pessime condizioni finanziarie. Una testimonianza relativa a questo periodo si trova nel rendiconto della visita pastorale del vescovo Farina nel 1824.
La seconda metà dell’Ottocento fu un periodo di grandi trasformazioni del territorio, attraverso la rettifica e l’arginatura di fiumi e la costruzione di strade e della ferrovia Padova-Vicenza. L’ultimo ventennio del secolo fu caratterizzato dalla “grande emigrazione”, le cui motivazioni furono bene sintetizzate da don Angelo Candeo, pioniere del riscatto del mondo agricolo, nel 1896: «Oggi anche il nostro colono posto in queste distrette, non è più rassegnato a vivere di stenti, ad aspettare tempo più favorevole fra le privazioni ed i debiti, cui dovrebbe ricorrere, impegnando i pochi averi, he gli rimangono; ma come spinto da una nuova corrente ricorre, se può, all’emigrazione di cui non misura i pericoli, e le incertezze, fermo nella idea che le tristi condizioni del presente siano peggiori di qualsiasi incerto avvenire».
Per la situazione della parrocchia in quel periodo rimandiamo alla relazione delle visite pastorali di Giuseppe Callegari fatte dall’allora vescovo nel 1888 e nel 1903. Contemporaneamente don Angelo Candeo in circa vent’anni realizzò il campanile e l’attuale chiesa.
Il secolo XX portò due guerre mondiali, con il loro contorno di lutti e povertà; per quanto avvenuto nel periodo della seconda Guerra mondiale, è utile leggere la “Relazione” fatta dall’allora parroco don Antonio Frigo. Successivamente il paese, che fino agli anni ’50 conservava le caratteristiche rurali di un territorio ad economia prevalentemente agricola, cambiò volto sotto la spinta di un processo di urbanizzazione inizialmente spontaneo.
Fonti
“La diocesi di Padova” (1972)
“Mestrino, storia e fede di una comunità” (1999)
La citazione di don Candeo è tratta dagli “Atti e documenti del secondo congresso cattolico italiano degli studiosi di scienza sociali tenutosi in Padova nei giorni 26, 27, 28 agosto 1896” (1897).